Si tratta del progetto RETOURN. Cinque i Paesi europei coinvolti, capofila di questo esperimento è l’Università di Macerata, abbiamo parlato con la referente europea, Elena Cedrola
Riattivare e rilanciare il turismo dopo una catastrofe naturale, un terremoto, un’alluvione ma anche una pandemia. Tutti eventi che colpiscono, e hanno colpito, non solo le strutture ma coinvolto intimamente le persone, le imprese, il lavoro. Dopo i grandi terremoti degli ultimi anni in Abruzzo, Marche e Umbria ci sono territori ancora alle prese con i pesanti danni provocati dal sisma. E indirettamente a essere coinvolta, è stata anche la filiera economica, in particolare quella turistica. Il progetto RETOURN, finanziato dall’Unione Europea con 337.000 euro, nell’ambito del programma Erasmus Plus si pone proprio l’obiettivo di strutturare, implementare e testare il programma di formazione “Recovery Tourism after Natural Disaster”, incentrato sulla gestione dei disastri nel settore turistico e sul ripristino dell’immagine di un luogo dopo l’avvento di un disastro naturale. La volontà è chiara: recuperare e ricostruire le aree e i settori danneggiati e rafforzare i professionisti esperti della zona.
I Paesi coinvolti
ll progetto avrà una durata di due anni e coinvolgerà il soggetto capofila a livello europeo, cioè l’Università di Macerata, insieme ad altri nove partner tra università, centri di formazione, camere di commercio e associazioni in Italia, Slovenia, Germania, Ungheria e Grecia. Nello specifico: Camera di Commercio dell’Umbria e l’associazione Pepelab per l’Italia, Life Long Learning Center e Camera di commercio Italiana per la Grecia, Università di Maribor e il centro di formazione CPU collegato alla Camera di Commercio per la Slovenia, la tedesca Europe Unlimited e l’ungherese TREBAG. Si tratta di Paesi che, in un modo o nell’altro, hanno sperimentato l’impatto dei disastri naturali tra terremoti, incendi, valanghe e alluvioni. Le conseguenze di questi eventi ambientali si sono poi aggravate con lo scoppio della pandemia da Covid-19.
I beneficiari del corso
Il percorso didattico sarà composto da sessioni di insegnamento faccia a faccia, da risorse educative aperte (Open Educational Resources) e da attività di laboratorio. 65 le persone che potranno beneficiare inizialmente del corso di formazione, soggetti sui quali sarà testata l’efficacia della formazione prima di mettere a disposizione di chi vorrà usufruirne la piattaforma e il corso. 20 per l’Italia, 15 rispettivamente per la Grecia, la Slovenia e l’Ungheria. Soggetti che operano nel settore del turismo o che guidano aziende e associazioni nelle professioni del turismo, come tour operator e manager, guide turistiche; laureati e laureandi in discipline economico-turistiche, disoccupati e inoccupati con un background nel turismo o in discipline economiche che hanno bisogno di acquisire nuove competenze per ricollocarsi attivamente sul mercato del lavoro. Il percorso è rivolto anche a coloro che hanno perso il lavoro dopo un disastro naturale.
La professoressa Elena Cedrola, direttrice del Dipartimento di Economia e Diritto dell’Università di Macerata, è la referente italiana ed europea del progetto RETOURN.
Cedrola qual è l’obiettivo del progetto?
Vogliamo arrivare a definire una piattaforma formativa per questi manager che gestiscono soprattutto il settore turistico in aree che hanno subito disastri naturali. Vogliamo anche capire qualcosa in più circa le caratteristiche che devono avere questi manager e anche qualche indicazione relativa ai policy maker perché quando abbiamo la possibilità di essere finanziati a livello europeo è indispensabile recuperare informazioni utili a dare vitalità non solo al nostro territorio ma anche ad altri.
In che fase si trova il progetto?
Siamo alla fase dei “focus group”, stiamo proponendo attività di ricerca che coinvolgano i portatori di interesse, l’ultimo lo abbiamo fatto in Umbria e abbiamo raccolto intorno a un tavolo rappresentanti di Federalberghi, di strutture differenti, dalle più piccole alle più grandi per capire non solo qual è stato il loro comportamento nella gestione dell’emergenza ma anche quali potrebbero essere gli sviluppi. Attraverso queste interazioni e facendo tesoro del livello di conoscenza acquisito dall’Università di Macerata sui temi del turismo, gestione del turismo, management del turismo e anche analisi comportamentali stiamo andando a tratteggiare la figura e anche alcune indicazioni di “policy maker”.
Cosa sta emergendo?
Sta emergendo che quello turistico non è un prodotto concepito come tanti altri ma viene percepito come “sistema”, come un insieme di attori, un territorio a tutto tondo. Quando ad esempio un accadimento negativo colpisce un’azienda, non colpisce solo la struttura ma il “sistema” e tutti quanti alla fine hanno un danno.
Questo cosa insegna?
Che le competenze del manager devono spaziare dalla gestione di danni diretti a quelli indiretti. Danni diretti sulla struttura, la gestione di ciò che è accaduto soprattutto dal punto di vista dell’intervento e della comunicazione ma anche della gestione di tutto quello che è il danno indiretto che colpisce il territorio e il sistema di offerta per cui lo stile di vita, l’ambiente, l’immagine.
C’è qualcosa in particolare che è stato trascurato in questi anni?
Forse si è fatto poco per la gestione della comunicazione nell’emergenza, anche perché, molto spesso, quando c’è un accadimento negativo i media raccontano e amplificano il peggio e questo rischia di creare un alone negativo attorno al territorio. Invece per quanto riguarda proprio il territorio, se andiamo a guardare i dati di quelle aree che sono state danneggiate dal terremoto e poi dal Covid, si è in realtà potuto beneficiare di un effetto solidarietà per cui a fronte di una flessione del turismo in arrivo, si sono prodotti ultimamente degli incrementi di popolazione: persone che si spostavano prima per sostenere il territorio e poi per vero interesse nei suoi riguardi.
Qual è il profilo ideale per questo tipo di manager?
Il manager che si andrà a formare avrà attenzione sia alla gestione della struttura, la classica formazione di un manager turistico, che al rapporto con il territorio e alla comunicazione quindi un’attività di pubbliche relazioni con giornalisti e comunicatori.
Qual è la “collocazione” della figura ricercata?
Questo è un altro elemento interessante che sta emergendo dai focus group e dalla condivisione dei modelli di business. Noi pensavamo che l’interazione con le strutture più grandi, o con Federalberghi, facesse emergere la necessità di una figura che stesse dentro a queste strutture, in realtà proprio perché c’è la visione di “sistema” sta emergendo la necessità di formare delle figure che, più che al privato, siano agganciate a organizzazioni più ampie se non addirittura al settore pubblico perché questo dà la possibilità di gestire tutto “il sistema”. Sarebbe dunque opportuno che il manager che andremo a formare abbia delle capacità di saper far sistema e continuare a fare sistema. Dalle interviste si è visto che dopo una prima reazione di sistema tanti piccoli o grandi alberghi hanno proseguito il lavoro in solitaria e questo non consente di ottenere il massimo dalle disponibilità che vengono messe a disposizione anche al livello di denaro pubblico e privato a supporto della ristrutturazione della zona.
Questi manager potranno intervenire su tutto il territorio nazionale?
Sì, questo dimostra la portata della ricerca che non è focalizzata esclusivamente sul centro Italia ma che può beneficiare del contributo di altri territori e di altri punti di vista e che va a creare profili spendibili su tutto il territorio nazionale.
Pubblicato su Il Giornale della Protezione Civile